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Iller Bedogni

PONTI

Sarà perché sono nato in una casa a lato di un ponte e quando ero bambino da quel ponte osservavo l’acqua con i riflessi del cielo, che brillava, scrosciava, correva libera alimentando la mia immaginazione ed il mio spirito vagabondo. Da allora sono trascorsi parecchi anni ma sento il fascino del ponte, sento l’equilibrio delle perfette geometrie, la forza che permette di oltrepassare il limite, l’ingegno dell’uomo nei secoli e la sua storia di conoscenze, l’esigenza di collegamento: ora mano tesa a diverse identità, ora galoppi di battaglie, ora folla di pellegrini e commercianti, o traffico rumoroso e distratto sulle funi dei ponti sospesi della modernità…Continua

Iller Bedogni

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PONTI

Sarà perché sono nato in una casa a lato di un ponte e quando ero bambino da quel ponte osservavo l’acqua con i riflessi del cielo, che brillava, scrosciava, correva libera alimentando la mia immaginazione ed il mio spirito vagabondo. Da allora sono trascorsi parecchi anni ma sento il fascino del ponte, sento l’equilibrio delle perfette geometrie, la forza che permette di oltrepassare il limite, l’ingegno dell’uomo nei secoli e la sua storia di conoscenze, l’esigenza di collegamento: ora mano tesa a diverse identità, ora galoppi di battaglie, ora folla di pellegrini e commercianti, o traffico rumoroso e distratto sulle funi dei ponti sospesi della modernità…Continua

Iller Bedogni

I Ponti

Ho bisogno di attraversare i ponti, affidarmi alla sottile possanza, sentire quel soffio del volo nella massa di pietra o di acciaio, che consapevolmente affonda tra le rive e nell’acqua, con l’ingenua sorpresa del baratro scampato, con la gioia della nuova scoperta che porta da un mondo all’altro.

A Bagni di Lucca il mio ponte è quello del Diavolo e il mondo che incontro è quello dell’antico costruttore che vendette l’anima del primo passante, a patto che il diavolo l’aiutasse ad innalzare l’arcata principale.

A New York sento i primi carretti che attraversarono il Brooklin Bridge per raggiungere Manhattan, il 24 maggio del 1883. Ecco l’eredità delle vite perdute, le lunghe file di disperati suicidi e l’incidente che tolse la vita anche all’ingegnere che lo progettò.

A Firenze sul Ponte Vecchio oggi non esistono più le botteghe dei macellai che lo popolarono all’inizio della sua storia, eppure le camere strette e gli infissi di legno, l’eterno passaggio di una folla senza tempo, le raffinate gioiellerie che dalla fine del 1550 arredano il passaggio, sono solo i segni di un mondo che cambia e che passa sulle antiche pietre sospese sull’Arno ricche dei percorsi di decine di generazioni.

L’Erasmus Bridge di notte resta sospeso tra le sue funi d’acciaio, che vibrano come le corde di un’arpa e di giorno si confonde leggero contro il cielo trasparente del mezzogiorno.

Il Ponte delle Catene collega la doppia anima delle sponde del Danubio, la tradizione elegante di Buda e quella popolare di Pest, è un ponte d’acciaio sui massicci piloni e alle testate ornato da statue di leoni.

Il lungo serpente di pietra delle undici arcate del Ponte Gobbo a Bobbio, si allunga ben oltre il letto del fiume e si insinua strisciando dentro il paesaggio della dolce collina emiliana.

A Venezia c’è un lungo ed alto merletto, cucito tra le sponde di un quartiere affollato, figlio del passaggio e del piacere di incontrarsi lungo un percorso obbligato per attraversare il Canal Grande. Il Ponte di Rialto si rivela all’improvviso, elegante e leggero trina di pietra.

Io li guardo e li attraverso, specchio del viaggio e della conoscenza, eppure inamovibili spettatori, arcobaleni sull’acqua, curve che fanno del mondo un semplice anello e del viaggio un motivo in più per tornare, prima o poi, alla partenza.

Iller Bedogni
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